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Una rifugiata ucraina a Monterosso: "Non mi aspettavo tanta generosità" In evidenza

L'intervista, diffusa dal Comune, ad una giovane donna arrivata a Monterosso con la figlia

Il Comune di Monterosso sta offrendo asilo, protezione ed assistenza ad alcune famiglie, composte prevalentemente da donne e bambini, in fuga dalla guerra in Ucraina. Di seguito, l’intervista a una giovane mamma arrivata da noi il mese scorso.

Da dove vieni?
La mia città è Ochtyrka, nella Regione del Sumy, che si trova nella zona nord-orientale dell’Ucraina, vicino al confine con la Russia. Come era la tua vita quando vivevi là?  Vivevo serenamente con mio marito e mia figlia di quattro anni. Io svolgevo un lavoro in un Corpo simile alla Guardia di Finanza, mio marito invece era ed è un militare.

Come è iniziato il calvario?
Mio marito è stato chiamato alle armi e il giorno dopo mi ha detto che per la sicurezza mia e della nostra bambina sarebbe stato meglio lasciare la nostra città. Abbiamo avuto quindici minuti di tempo per preparare le valige con documenti, vestiti, beni di prima necessità e soldi per scappare.  Inizialmente io e mia figlia ci siamo nascoste a casa dei miei suoceri perché il loro appartamento era dotato di un piano interrato. Abbiamo vissuto lì sotto per due settimane mentre le bombe e il loro rumore assordante ci piovevano tutt’intorno. È stato un periodo molto difficile perché convivevamo con la paura, avevo il terrore che potesse capitare qualcosa di brutto alla mia piccola. Alla fine, quando sono esplose tre bombe nel palazzo vicino a quello dove eravamo nascosti, abbiamo deciso che l’unica possibilità di sopravvivere sarebbe stata quella di scappare.

Come avete fatto?

Sono stata molto fortunata perché conoscevo una donna, qui in Italia, che ci ha aperto la strada verso la salvezza. Lei, come un angelo, ci ha teso la mano organizzando tutto il necessario per la fuga dall’Ucraina. Così io, mia figlia e mia madre siamo arrivate in Italia e poi a Monterosso.

Sei ancora in contatto con i tuoi cari in Ucraina?

Si, con mio marito che sta cercando di aiutare il suo Paese ad affrontare la guerra. Anche i miei suoceri, medici specializzati, sono rimasti là per dare il loro aiuto alle persone bisognose.

In Ucraina sono rimasti anche mio fratello e mia sorella. Spero di abbracciare tutti al più presto.

Come ti trovi a Monterosso?

Mi trovo benissimo, la vostra comunità mi ha accolto a braccia aperte. Non mi aspettavo così tanto aiuto e generosità da parte di tutti. Sono davvero grata per quello che ho ricevuto qui. Quando sono arrivata in Italia avevo poco e niente e qui ho avuto molto: vestiti, una casa, affetto, supporto da parte dell’Amministrazione Comunale e dei monterossini.

Colgo l’occasione per ringraziare di cuore tutta Monterosso. E desidero dire che è stato davvero duro lasciare il mio amato Paese, perché ogni ucraino ama la sua Terra come ogni mamma ama il suo bambino. Il mio desidero più grande sarebbe che la guerra finisse e poter riabbracciare mio marito e ricongiungermi con tutta la mia famiglia.

Tutto questo è stato possibile grazie al supporto della Pubblica Assistenza, della Pro Loco e del Consorzio Turistico che - come di consueto - si sono prodigati per fare del bene.

Ringraziamo anche tutta la cittadinanza per le donazioni, per l'affetto e il rispetto dimostrato nei confronti dei nostri nuovi amici.

Il Sindaco Emanuele Moggia ha detto: «Se è vero che la nostra libertà non ci può essere senza la libertà di chi ci sta accanto, è ancora più vero, che la libertà della nostra Nazione viene messa in discussione se c’è un’altra Nazione a noi vicina che questa libertà la sta soffrendo. E la drammatica guerra che sta sconvolgendo una parte dell’Europa ci interroga in profondità. Pensate di essere a Trieste e di dover andare a Palermo: facile, no? Tutto sommato, nel computo della geografia europea, Trieste e Palermo, non sono poi così lontane. Ebbene, la distanza che separa Trieste da Leopoli è minore di quella che separa Trieste da Palermo. In questo momento sono più vicini a noi i bombardamenti che stanno subendo i nostri amici ucraini, rispetto alla spiaggia di Mondello.

Questo ci deve far riflettere, perché – purtroppo – la privazione della libertà non è più una cosa così lontana come abbiamo sempre sentito. Tutti quanti noi siamo chiamati a fare una scelta e possiamo ogni giorno scegliere il bene; se l'umanità nel corso dei secoli non ha ceduto è perché ci sono stati piccoli e grandi, donne e uomini che si sono opposti al male e hanno detto "no, io non ci sto". L'augurio che faccio a tutti è dunque quello di non lasciarsi inghiottire da questo turbine d'odio, ma saper fare scelte che possano sempre generare vita e amore.»

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