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Un articolo del 1891 ci racconta la costruzione del Quartiere Umbertino In evidenza

di Anna Mori – L’articolo è stato scritto dall’Ingegnere Raddi e pubblicato dal Periodico Mensile Tecnico-Igienico “L’Ingegneria Sanitaria”. Tante le informazioni inedite.

Il Quartiere Umbertino nacque nella seconda metà del XIX secolo nella zona di Piandarana. Quando nel 1815 La Spezia entrò a far parte del Regno di Sardegna, si iniziò a registrare un certo incremento demografico, ma è dopo il 1857, quando Cavour decise di spostare l'Arsenale da Genova alla Spezia, che si fece forte l'esigenza di creare alloggi per la popolazione.
La costruzione dell’Arsenale portò ad una nuova pianificazione urbanistica, così il 31 maggio 1862 venne pubblicato un primo Piano Regolatore che andava di pari passo con la necessità di dover accogliere in città un numero crescente di maestranze.

Nel 1870 venne elaborato un secondo Piano Regolatore, che prevedeva anche la costruzione di una grande piazza (Piazza Brin), che sarà il centro del futuro quartiere Umbertino, dal nome del Re d'Italia di quel tempo.

Nel 1873 il Ministro della Marina Saint Bon affermò che era necessario creare alloggi per almeno mille famiglie operaie, così da risolvere il problema creato dalle masse di migranti richiamati dalla prospettiva di nuovi posti di lavoro. Inizialmente vennero scelti i quartieri di Sant'Antonio, San Cipriano e Torretto.
La proposta urbanistica del Secondo Piano Regolatore venne lasciata cadere per poi essere ripresa in considerazione nel 1884, quando un'epidemia di colera colpì anche La Spezia mettendo in evidenza gravi problemi igienici per la mancanza di fognature, una rete idrica inadeguata, il sovraffollamento degli alloggi.

Nell’articolo d’epoca leggiamo: “Il regio arsenale militare marittimo di Spezia dà lavoro attualmente a numero 7.800 operai in complesso, oltre al personale dirigente. La scarsità degli alloggi che si manifestò a Spezia fino al 1865 faceva si che la numerosissima classe degli operai versasse in condizioni gravissime tanto dal lato igienico che da quello economico”.

Questa situazione spinse il Ministero della Marina a stringere una convenzione con il Comune della Spezia che si obbligò a costruire alloggi per 992 famiglie operaie. Il 10 gennaio 1885 venne quindi stipulata la Convenzione che stabilì di creare un intero quartiere provvisto di sufficiente acqua potabile, lavatoi, giardini. A carico del Comune anche le strade, le fognature, le condotte dell’acqua potabile, la costruzione di bagni pubblici, di dormitori e scuole.
Venne anche stabilita una quota di affitto mensile di 4 lire per ogni stanza comune, di 3 lire per le stanze minori sovrastanti l’atrio e per ogni cucina, di 2 lire per i giardini annessi agli appartamenti. Il Ministero della Marina, dalla sua parte, si impegnò a corrispondere al Comune per 20 anni 35 centesimi al giorno per ogni appartamento affittato.
Per poter realizzare il quartiere, il Comune dovette contrarre un mutuo di 4 milioni e mezzo con la Cassa di Risparmio di Milano, ipotecando l’intero patrimonio comunale e le sue rendite.

Una volta approvata la convenzione, il Comune bandì l’appalto così suddiviso: per i fabbricati un 1° lotto pari a 2.146.000 lire, un 2° lotto di 1.221.000 lire e un 3° lotto pari a 1.221.000 lire per un totale di 4.588.000 lire. Anche l’appalto per fognature e strade prevedeva tre lotti: un primo lotto pari a 318.996,30 lire, un secondo di 240.044, 57 lire e un terzo di 261.623,89 lire per un totale di 920.664,75 lire. Si aggiudicò l’intero appalto l’impresa Mazzorin-Boccolari di Milano.

I lavori per la costruzione del quartiere iniziarono il 20 marzo 1886 e terminarono il 30 maggio 1890. L’inaugurazione ufficiale avvenne il 15 agosto 1889 alla presenza di Re Umberto I.

Nell’articolo leggiamo: “La costruzione riuscì abbastanza soddisfacente dal lato della solidità, non però da quello estetico ed igienico, inquantoché agglomerare quasi mille famiglie in un solo quartiere è al certo contrario all’igiene ed alla morale…Fu pure un errore igienico il destinare ad uso di abitazione il piano terreno, benché elevato di m. 1 dal piano stradale, e ciò per l’umidità del sottosuolo, di natura argillosa, per la poca elevazione sul livello del mare ed il lento defluire ad esso delle acque meteoriche e sotterranee”.
Per quanto riguarda l’aspetto estetico: “Né la costruzione è certo soddisfacente dal lato estetico, stanteché quella lunga serie di case compassate, uniformi, monotone, senza negozi né magazzini, colorite a diverse tinte, uguali in altezza ed in profondità, rendono tristezza e monotonia”.

Essendo i palazzi su tre piani, venne abbandonata l’idea di creare giardini, in quanto sarebbe stato difficile assegnarli ad ogni appartamento, prediligendo la creazione di grossi cortili interni muniti di lavatoi.
L’articolo ci fornisce anche alcuni dati numerici: superficie dell’intero quartiere metri quadrati 178.400, numero di palazzi 62, numero di appartamenti per ogni palazzo 16, numero di vani per appartamento 4 o 5, appartamenti di 5 vani 372, appartamenti di 4 vani 620, numero di vani per ogni palazzo 70, numero totale di appartamenti 992, numero presunto di abitanti dell’intero quartiere 5.500, superficie media di ogni appartamento 61,27.

Sui materiali impiegati leggiamo: “Le murature si eseguirono con pietrami, scapoli, calcare delle cave del paese… La calce grassa provenne pure dalle cave del paese. Per le murature si adoperò la sabbia granulosa della spiaggia a occidente del Golfo (Deiva); per gli intonaci la rena del Fiume Magra”.
“I pavimenti, benissimo riusciti, si eseguirono con esagoni piccoli (latterizi), all’uso di Marsiglia, della Fabbrica Chinaglia di Torino…Il tetto venne armato con travi di pino di Corsica, con sovrastante intelaiatura di listelli di abete, sopra i quali si poggiarono le tegole piane all’uso di Marsiglia delle fabbriche Candiani, Ellena di Milano, Palli e Raggio Romano di Voghera. Le scale si eseguirono con lastre di marmo di Carrara su armatura in ferro; i lavandini pure in marmo, come del pari la predella e la lastra per la latrina”.

Infine per quanto riguarda i serramenti: “Le serramenta e chiusure vennero eseguite dalla ditta Gonfalonieri di Milano, con legno abete rosso del nord (Fiandra), colorite con tre mani di tinta a olio; ogni finestra è munita di persiana. Le porte interne sono tutte a due arve. Lo spessore delle porte interne è di mm 35, delle finestre e persiane mm 50, delle arve scure (di abete) mm. 20 a 25”.

 

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